“I processi di comunicazione sono centrali perché contribuiscono a creare la realtà, ma non lo scopriamo certo oggi. I meccanismi della profezia che si autodetermina, quella che in sociologia è indicata come la previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa, sono un classico esempio della comunicazione gestita in maniera tale da incidere dal punto di vista sociale, economico o politico”.
Piero Mastroberardino, docente universitario e amministratore della storica azienda vitivinicola di famiglia, guarda alla comunicazione con più di un occhio rivolto alla drammatica realtà di questi giorni, alle ore della paura e dell’angoscia per il contagio, scandite dai tempi e dalle parole dell’informazione. “Basta dare un’occhiata ai dati per farsi assalire da qualche dubbio: è possibile che la Cina, con un miliardo e 400 milioni di abitanti, abbia avuto meno morti dell’Italia, che conta solo 55 milioni di abitanti? Ma è così anche guardando i dati della Germania: viene da pensare che il numero delle vittime sia calcolato con metodologie diverse”.
Mastroberardino, lei come si sta orientando in questa fase emergenziale? Come seleziona l’informazione e la comunicazione per non farsi travolgere dagli eventi?
Faccio riferimento ai gruppi di interesse, un passaggio che mi consente di selezionare l’informazione generalista in modo da focalizzare l’attenzione su quelli che io ritengo i punti chiave. Nell’informazione di oggi c’è bisogno di operare una complessa opera di selezione e scrematura, perché molte, troppe notizie sono diffuse per le conseguenze e gli effetti che possono generare. Si comunica non per informare, ma per valutare il feed-back, il grado di reazione del pubblico. Non è anomalo puntare sugli effetti di ritorno, ma nell’attuale contesto questi processi sono pericolosamente fuori dai loro schemi abituali, in quanto ci sono in ballo due fattori molto importanti: da un lato la salute pubblica, e quindi la perdita di vite umane, dall’altra la restrizione della libertà individuale.
E anche quando ci sono in ballo fattori così importanti, le fake news continuano a giocare un pericoloso ruolo di primo piano.
Purtroppo è così, ma è la conseguenza di quello che è successo negli ultimi anni. Se in passato i processi di comunicazione erano nelle mani di pochi organismi, oggi, grazie alle nuove tecnologie, sono di fatto a disposizione di molti. Perché oggi i politici parlano continuamente di fake news? Perché è un pallino che, in qualche modo, è stato sottratto a loro che, in passato, avevano vita più facile a manovrare in qualche modo la realtà a seconda delle proprie strategie e del proprio operato.
Ma oggi chi gestisce la comunicazione?
I processi si sono frammentati, dispersi in mille rivoli ed è sempre più difficile orientarsi e trovare la rappresentazione più vicina alle aspettative di ogni singolo individuo. Un processo così articolato può essere gestito solo da una massiccia attività di diffusione del senso di responsabilità.
Servono più regole?
Non è facile, perché si rischia, in qualche modo, di comprimere o condizionare la libertà di espressione e di opinione. Capire i limiti entro i quali muoversi è il vero punto chiave. Ma attenzione, il flusso è continuo: l’attività di comunicazione costruisce e decostruisce il reale, costantemente. Se prima era, adesso è ancora di più.
Com’è cambiata nel corso degli anni la figura del comunicatore?
E’ una professione che sta crescendo, che si sta in qualche modo affinando. La fase di esplosione del “fai da te”, in cui tutti erano esperti di comunicazione, è stata superata. Oggi sappiamo benissimo che i ragazzi sono abilissimi a rendere visibile una notizia o una foto su Instagram, ma c’è dell’altro.
Cioè?
Penso alla comunicazione politica che condiziona ormai tutte le elezioni, con gli esperti di comunicazione che diventano i veri protagonisti, decidendo la linea politica di un personaggio, quello che deve dire, come e quando. Il comunicatore è fondamentale ma questo può essere anche un pericolo.
In che senso?
Sì, perché sa muoversi alla perfezione in un mare dove le regole sono poche. Sa gestire al meglio tutti gli strumenti della comunicazione e può, quindi, condizionare l’opinione pubblica in base agli obiettivi del personaggio per il quale lavora. La verità è che parlare di comunicazione è diventato estremamente complicato, in quanto si mettono in moto tanti meccanismi e dinamiche, spesso ignoti anche agli addetti ai lavori.