“Oggi abbiamo tanti strumenti per fare comunicazione, accessibili a tutti. Molto più facile e a portata di mano anche se alcuni pensano di poter fare tranquillamente comunicazione senza una base, una preparazione adeguata”. Luca Abete, inviato di “Striscia la Notizia”, vive di comunicazione e non ha difficoltà a individuare i limiti e le zone d’ombra di un settore diventato sempre più centrale nella nostra quotidianità. Reporter curioso e irriverente, Abete ha firmato servizi e inchieste che sono diventati fiore all’occhiello del programma cult di Antonio Ricci. “La comunicazione è uno strumento fondamentale, ma anche pericolosissimo”, precisa. “Oggi tutto ruota attorno alla comunicazione, ma bisogna stare molto attenti”.

Luca, secondo te perché la comunicazione è diventata così importante nelle nostre vite?

La comunicazione rappresenta ormai un settore assolutamente strategico, direi indispensabile e sconfina in tutti i settori, in tutti gli ambiti. Oggi è impensabile gestire una qualsiasi attività senza avvantaggiarsi dei social network. Se pensiamo, ad esempio, ad un negozio, ci rendiamo immediatamente conto che la comunicazione va ben oltre l’allestimento di una vetrina e sbarca sui social con una vasta gamma di contenuti: foto, video, utili parole chiave, hashtag. Ma la stessa cosa vale per un libero professionista: ad esempio un nutrizionista, un avvocato, un architetto, possono esibire servizi, mettere in campo tutorial, dare consigli o suggerire soluzioni.

Un mondo in continua evoluzione che richiede anche le giuste professionalità. Quanto è difficile fare comunicazione oggi?

E’ chiaro che la comunicazione va gestita al meglio, con le giuste professionalità, altrimenti rischia di essere un boomerang. L’attenzione nella gestione dei contenuti è proporzionale anche al numero di followers che si ha. Penso ai profili di personaggi pubblici (politici, cantanti, influencer,  protagonisti del mondo dello spettacolo) che sono seguiti oltre che dai loro fan anche da una fetta di haters pronti a criticare ogni frase o foto, attenti anche ai più piccoli dettagli. Ecco, è in questi casi che la differenza la fa affidarsi a dei professionisti della comunicazione: prevedere, organizzare e pianificare ogni singolo dettaglio prima di pubblicare un contenuto social può evitare di esporsi a critiche o rovinare l’immagine.

Anche chi diventa influencer per “caso”, magari grazie a dei video girati nelle cameretta con la webcam, alla distanza dovrà circondarsi di professionisti capaci di supportarlo nello sviluppo del progetto. La bravura sta nel far sembrare naturale e non costruita a tavolino anche il video o la foto più banale. Penso al successo dei The Jackal, capaci di raggiungere il successo con contenuti apparentemente amatoriali, ma frutto invece di un importante lavoro di squadra.

Dalla tua esperienza quindi quali sono le strategie da mettere in campo per una corretta gestione della comunicazione social?

Io credo che ci siano tre fasce, tre livelli di comunicazione in rete. Si parte dalla cosiddetta comunicazione “fai da te”, quella occasionale, che può avere una sua validità se fatta in maniera cauta e serena. Magari non produrrà chissà che risultati ma non provocherà neanche danni particolari. Al secondo livello ci sono quelli che si affidano ad una persona, ad un professionista che definisce una strategia, con una cronologia più o meno precisa dei post e delle condivisioni. Magari i riscontri numerici non saranno esaltanti, ma un minimo di ritorno è garantito.

E poi?

E poi c’è il livello più alto, quando cioè si decide di fare un investimento significativo e di affidarsi ad un gruppo di professionisti incaricati di elaborare una strategia globale, in grado di comunicare al meglio utilizzando tutti gli strumenti e le piattaforme a disposizione. In questo caso si investe anche su spazi di visibilità che nascono dalle inserzioni pubblicitarie del web e si può davvero arrivare lontano. Difficilmente qualcuno ha raggiunto numeri significativi solo grazie all’originalità dell’idea o a un post ben fatto. Una cosa è certa: chi ce l’ha fatta, senza ricorrere ad uno staff di professionisti, è un vero e proprio fuoriclasse.

E l’informazione? E’ giusto tenerla ben distinta dalla comunicazione o, alla fine, sono attività parallele e, in qualche modo, intercambiabili?

Non è un caso che anche l’informazione utilizzi sempre più spesso gli strumenti della comunicazione: parlare di marketing dell’informazione è all’ordine del giorno, ma anche in questo caso bisogna stare attenti, è sempre la professionalità a fare la differenza. Basti pensare alle tante notizie con titoli acchiappa-click che girano ogni giorno in rete. Quel tipo di informazione magari raggiungerà i suoi obiettivi, ma non potrà mai essere presa a riferimento.

Stai parlando del fenomeno delle “fake news”?

Sono detestabili speculazioni, ma attenzione: non tutto è imputabile a chi crea volontariamente, con fini disonesti, una notizia falsa. Produce “fake news” anche chi, senza approfondire una notizia, la condivide, la commenta e contribuisce alla sua diffusione. Anche io ne sono stato vittima un’estate. Era agosto e Antonio Ricci mi mandò il link di un sito in cui si raccontava di una mia presunta aggressione subita durante un servizio per “Striscia”. Io ero però in vacanza all’estero e il programma era in pausa estiva. Ci facemmo una risata e segnalammo l’abuso.

Oggi siamo alle prese con il “coronavirus” e, anche in questo caso, l’informazione sta giocando un ruolo fondamentale, non sempre nel bene.

C’è tanta buona informazione, ma anche tanta speculazione. Sull’emergenza del “coronavirus” ne ho lette di tutti i tipi, a partire dal presunto mercato del mondo asiatico, dal quale si immaginava fosse partito il contagio. Poi, invece, si è scoperto che il video non era girato in Cina, ma in Indonesia. Oggi più che mai è importante affidarsi a fonti qualificate, seguire le informazioni pubblicate dagli organi istituzionali. Se ci si vuole informare sui social network è meglio farlo sui canali social ufficiali di enti e istituzioni. Insomma, per il problema del virus e per tutti gli argomenti in generale la regola è sempre la stessa: evitare di essere pigri e incuriosirsi approfondendo le fonti.

Luca, tu sei da anni uno degli inviati di punta di “Striscia”. Gli “haters” non mancano anche dopo i tuoi servizi…

Questo può far parte del gioco, soprattutto quando si prova a raccontare la verità e “Striscia” fa proprio questo, senza schierarsi, rimanendo equidistante e facendosi guidare da un solo principio: documentare quello che succede con prove concrete. Spesso lo facciamo attraverso l’uso di microcamere nascoste, un sistema intuito e messo in campo da Antonio Ricci e oggi utilizzato da tutti. Noi siamo l’anello di giunzione tra chi lamenta un problema e chi può o deve risolverlo. Ascoltiamo tutte le campane, sempre e lasciamo il telespettatore libero di farsi una idea personale. Un modello di informazione che ha fatto scuola e che, fortunatamente, continua a piacere da oltre 30 anni.

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